Legacoop Produzione Servizi: DL 32/19: SBLOCCA CANTIERI O MERO ANTICIPO DELLA RIFORMA DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI?

L’obiettivo dichiarato del Decreto sblocca cantieri è in linea con quanto le parti sociali sostenevano da tempo per recuperare il differenziale di crescita con il resto dell’Unione Europea: rilanciare gli investimenti pubblici in Italia.

La trasformazione in misure concrete rischia però di non raggiungere i risultati sperati ovvero di produrne di indesiderati, se nel corso dell’iter di conversione non si prenderanno adeguati correttivi.

In primo luogo c’è un preoccupante ritorno al sistema del massimo ribasso che rischia di produrre non un’accelerazione della realizzazione delle opere, ma una velocizzazione (tutta da verificare) solo del momento dell’affidamento, con rischi invece per la fase realizzativa derivanti da un minore contenimento degli azzardi in fase di offerta, con rischi anche per la qualità dell’occupazione. In particolare, viene previsto che negli appalti sottosoglia il criterio da utilizzare preferenzialmente sia quello del minor prezzo, seppur corretto con il metodo di esclusione automatica dell’offerta anomala di cui all’ articolo 97.

Il problema qui sta innanzitutto nella revisione della disciplina dell’esclusione automatica delle offerte anomale che sembra non solo inadeguata all’ obiettivo (di contenimento dell’eccesso di ribasso), ma foriero di un ritorno agli accordi di cartello, perché manca un efficiente meccanismo anti turbativa.

Anche la soppressione del limite del 30% al peso del prezzo in caso di utilizzo del metodo dell’ OEPV nella versione rapporto qualità/prezzo produrrà effetti analoghi, interrompendo oltretutto un primo positivo andamento degli affidamenti con riferimento ai ribassi, rilevato dall’ Osservatorio dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, con particolare riguardo agli appalti di lavori e di servizi.

Viene, poi, rivista la disciplina delle clausole di esclusione che, in attuazione delle richieste della Commissione Europea contenute nella procedura di infrazione aperta nel febbraio scorso, prevede la possibilità di esclusione in caso di mancato pagamento di contributi e imposte, anche in presenza di contenziosi non conclusi.

La norma è stata introdotta nel nostro ordinamento senza tenere in alcun conto la disciplina vigente in materia di documentazione della regolarità contributiva e fiscale delle imprese e rischia di produrre un livello di incertezza tra gli operatori forse ancora più grave di quella sorta con la riforma dell’illecito professionale.

Altra novità significativa del decreto è l’istituzione della figura dei Commissari straordinari, nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per gli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari.

Nell’ approvazione dei progetti e nell’ esecuzione degli interventi, i Commissari straordinari avranno poteri sostitutivi e opereranno in deroga a tutte le disposizioni di legge in materia di contratti pubblici. Anche in questo caso, il rischio di una compressione ingiustificata della concorrenza è dietro l’angolo se l’utilizzo dell’istituto del Commissario si diffonde eccessivamente.

Infatti, le ultime ricerche sull’ utilizzo degli investimenti in Italia (per tutte “Il Rapporto 2018 sui tempi di attuazione delle opere pubbliche” realizzato dall’  Agenzia per la Coesione Territoriale) hanno evidenziato che: si allungano i tempi di realizzazione delle opere più grandi (oltre i 50 milioni di euro), ma si contrae quello delle opere più piccole; la fase precedente alla realizzazione rappresenta oltre il 70% dei tempi complessivi; il peso dei tempi di attraversamento (ossia l’intervallo temporale che intercorre tra la fine di una fase e l’inizio della fase successiva) rappresenta il 54% dei tempi complessivi. Insomma, la ricerca empirica ci dice che la fase da comprimere non è quella della gara e della realizzazione, ma tutta quella precedente.

Il sistema commissariale utilizzato per realizzare l’estensione della rete ferroviaria di alta velocità nel Mezzogiorno era un ottimo esempio cui ispirarsi e da estendere al resto delle opere pubbliche, perché punta a risolvere proprio i problemi evidenziati dal Rapporto dell’Agenzia per la Coesione.

Inoltre, il ripristino dell’utilizzo dell’incentivo del 2% al personale tecnico della PA anche per le attività di progettazione indurrà a internalizzare nuovamente una fase che necessita di forti dosi di innovazione tecnologica e di un aggiornamento continuo, di cui la PA non sembra disporre in questa fase, con rischi per la qualità della progettazione delle opere pubbliche, essenziale per i tempi di realizzazione. E la costituenda Centrale per la Progettazione non sembra sufficiente per modificare il quadro esistente. Chissà se lo saranno i provveditorati dotati di nuovo personale dal Decreto Crescita o la nuova struttura Funzione Infrastrutture Italia – F.In.Italia s.p.a.

In ultimo, l’assenza di qualunque modifica ai sistemi alternativi di risoluzione delle controversie in fase di esecuzione, in grado di rilanciarli, anche solo parzialmente, e la nuova inversione di marcia sul contenzioso in fase di gara, con la soppressione del rito superaccelerato, denotano ancora una volta una mancanza di visione sugli obiettivi da perseguire in termini di tempestività di realizzazione delle opere pubbliche.

Di contro non possono non valutarsi positivamente alcune misure che mirano ad eliminare alcune delle maggiori complicazioni e freni introdotti con il nuovo Codice dei Contratti Pubblici del 2016 quali:

  1. L’eccessivo limite all’utilizzo del subappalto e l’inutile obbligo di indicazione di una terna di subappaltatori;
  2. Il divieto assoluto di affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione, che in alcuni casi può rappresentare una velocizzazione della realizzazione di un’opera pubblica;
  3. La frammentaria normativa di attuazione, suddivisa tra linee guida e regolamenti ministeriali di varia provenienza e natura, attraverso il primo passo per un ritorno al Regolamento Unico di esecuzione.

A queste novità (o meglio ripensamenti) si deve aggiungere la probabile semplificazione della procedura di gara derivante dall’inversione dell’apertura delle buste: prima quella tecnico-economica e poi quella amministrativa. Un’opzione offerta dalle direttive europee del 2014, ma utilizzata solo parzialmente dal legislatore italiano del 2016.

Insomma vedremo nei prossimi mesi, al netto delle ulteriori modifiche che il Parlamento vorrà apportare nell’iter di conversione, se il decreto legge 18 aprile 2019, n. 32  sarà uno sblocca cantieri o solo un’anteprima, per il momento con più ombre che luci, dell’auspicata riforma del Codice dei Contratti Pubblici, a tre anni esatti dalla sua emanazione (era il 18 aprile del 2016).

Sintetica descrizione dei contenuti del Decreto SBLOCCA CANTIERI

 

Marco Mingrone

Responsabile Ufficio Legislativo Legacoop Produzione Servizi Nazionale